Ubisoft, con il suo framework UbiArt, ha fatto grandi cose: ha ridato i colori agli schermi, ha dato un degno avversario a Mario nei platform 2D, mi ha commosso con Valiant Hearts, mi ha riempito i momenti morti in giro con un paio di giochi mobile ben confezionati, e mi ha intrattenuto per una quindicina di ore con questo Child of Light.
Così come è stato per Rayman, anche Child of Light va a riempire un buco lasciato da Nintendo: è ciò che sarebbe dovuto essere Paper Mario, anziché diventare quella grossa delusione di Sticker Star.
Alla base del gameplay ci sono infatti gli scontri a turni degli RGP giapponesi, rivisitati in chiave dinamica: così come nella serie di Intelligent System, anche qui scegliere le tecniche da usare dai menù non basterà quasi mai a superare agevolmente gli scontri, ma si dovrà prender parte attiva durante i turni, rallentando i nemici o curando i membri del party usando un personaggio-puntatore.
Il resto viene pari pari dal canone JRPG: personaggi differenziati secondo le logiche paradigmatiche di tank, mago, support e destrezza, alberi di abilità piuttosto standard, gemme da craftare, i soliti quattro elementi mutualmente efficaci. I nemici invece, per quanto pochi, tendono ad essere diversificati e ben assortiti, ed ogni battaglia va risolta in modo quasi sempre diverso: non capiterà di iniziare e finire il gioco con lo stesso trittico di personaggi, come invece succede in molti RPG.
La progressione è buona, ma in un paio di punti la difficoltà si innalza senza motivo, costringendo il giocatore a studiare ancora meglio le abilità dei personaggi e i modi di combinarle e, nonostante ciò, le probabilità di game over saranno altissime. Anche fuori dai combattimenti si viaggia tra leve, casse e interruttori: nulla di nuovo, con l’aggiunta di collectible defilati e la raccolta di globi luminosi da prendere seguendo un particolare ordine (esattamente come in Rayman Legends) che rendono l’esplorazione più godibile.
Dal punto vista visivo il motore grafico rende giustizia ai colori dello schermo di Vita: le tavole in cui ci muoveremo sembrano prese da quadri ad acquerello, e anche il sound design propone una selezione di tracce orchestrate che ben sottolineano il tono crepuscolare del gioco.
Menzione a parte merita l’adattamento italiano: tutto il gioco è scritto in rima. Non ho giocato la versione originale, ma si vede che il lavoro fatto nella localizzazione è enorme, e dà il massimo nei dialoghi doppiati. Peccato che si contino sulle dita di una mano: il resto andrà letto e, esattamente come i dialetti di Final Fantasy IX, non sono riuscito ad apprezzare fino in fondo i testi.
In definitiva, Child of Light è un buon prodotto, tanto derivativo, ma impacchettato in una forma che non può non smuovere qualcosa nell’animo del giocatore, oltre ad essere un buon sostituto del Paper Mario che doveva essere e non è stato. Un po’ ripetitivo, ma è un difetto congenito al genere di appartenenza.
Ubisoft si è presa e continua a prendersi tanta merda in faccia ma se i soldi Assasin’s Creed continueranno ad essere spesi anche per queste produzioni io sarò contento.